Ronde contro tutti. O meglio, tutti contro le ronde. Sembrerebbe questo il messaggio, leggendo i titoli dei principali quotidiani in questi giorni, osservando i grassetti virgolettati di molti sindaci, non tutti, di molti vescovi, di molti questori e prefetti. Lo stesso leitmotiv serpeggia tra le fila stesse della destra, nelle sue infinite articolazioni, dalla moderata alla radicale. Il mantra è sempre il medesimo: <<è compito delle forze dell’ordine>>, <<con il giubbino ed il basco non sembreremo fascisti, o peggio ancora paramilitari golpisti?>>, <<rischiamo la deriva securitaria>>. Il meglio lo danno Vaticano, sindacato di polizia e arcobaleni vari:<<così finisce lo stato di diritto>> (le maiuscole di ordinanza ve le evito). Sarebbe troppo facile far notare che a fondamento dell’art. 383 del codice di procedura penale, che consente l’arresto di delinquenti in flagranza da parte di un privato cittadino, sta il principio di autotutela in assenza della tutela dello Stato, pienamente accolto nell’ordinamento giuridico italiano per sessant’anni di repubblica. Sarebbe troppo facile notare che se sulla condanna si trovano a concordare Curia, Questura, Prefetto, Sindaco e Rifondazione comunista, le ronde più che reazionarie – giuste o sbagliate – non possono che essere qualcosa di rivoluzionario. Già, perché tra quei “tutti” doverosamente intervistati e severamente contrari al volontariato della sicurezza c’è un grande assente. La gente. Per una volta non la pubblicazione di un solo sondaggio. Tutto sommato era piuttosto ovvio che i responsabili primi dell’ordine pubblico delle metropoli invivibili (sindaci, prefetti, questori) non fossero entusiasti di una partecipazione dal basso della cittadinanza, a rimarcare l’inefficienza del loro operato. Paradossalmente invece la carta stampata, normalmente abituata a passare acriticamente i peggio luoghi comuni, questa volta ha preferito approfondire e ha svelato che dai tempi delle sfilate pseudo-S.A. delle camice verdi di Borghezio tanta acqua è passata sotto i ponti. Il mondo delle “ronde” è quantomai variegato e articolato, espressione della sua spontaneità: la supremazia leghista è in realtà limitata alla Lombardia, parte del Veneto e comunque molto soft; rilancia Azione Giovani a Torino, Padova, Venezia e Firenze; a Milano, Genova e tante altre città si muovono associazioni apolitiche in coordinazione con l’amministrazione comunale o provinciale. Unico comun denominatore: niente folla inferocita, niente linciaggi, niente armi o intolleranza. Solo volontariato, partecipazione anche di stranieri integrati e tanto spirito di quartiere. E’ infatti quest’ultimo il centro focale del fenomeno “ronde”. In fondo ci sono sempre stati i fenomeni migratori (solo che un tempo erano peggio e si chiamavano invasioni), c’è sempre stata la criminalità e anche gli stupri. La vera differenza è che un tempo gli individui affrontavano queste difficoltà come comunità, facendo quadrato. Non facevano spallucce affermando saccenti che in fondo è colpa delle leggi, dei politici, delle multinazionali e delle guerre preventive: tutte sacrosante verità che generano però come unico effetto l’innalzamento del volume del televisore per non sentire le urla in strada. Qualche giorno addietro una “pattuglia” di AG in Borgo Dora a Torino ha incrociato un attacchinaggio di Rifondazione, svolto nientemeno che dal Vicepresidente della Circoscrizione (si sa, ormai la sx radicale ha più eletti che elettori e sono comunque pochini). Le sue grida inneggianti a Piazzale Loreto si sono trasformate presto in una tranquilla chiacchierata e mi ha colpito particolarmente una sua citazione: <<La Storia, quando si ripete, diventa farsa>>. Il riferimento era ovviamente allo squadrismo di fascista memoria, di cui era certo stessimo celebrando la scimmiottatura. In quel momento mi è stata definitivamente chiara la contrapposizione di mentalità tra il baraccone dei politici eletti come dei politicanti non eletti ed il comune sentire della “gente”, intendendo per “gente” tutti quei cittadini, usualmente non miliardari che non possono permettersi di fuggire dai quartieri-ghetto, che non hanno bisogno di Sky per godersi una sparatoria tra gang di latinos o un documentario sui suk mediorientali, dal momento che gli basta affacciarsi dalla finestra e vedere anche i familiari protagonisti dello show. Chi vive chiuso tra rassegne stampa, agenzie, salotti televisivi e saggi filosofici guarda una nostra “ronda” e vede un gruppo di fanatici giocare alla polizia, o addirittura alla M.V.S.N. o vede la fine della democrazia e dello stato di diritto. Chi vive nella quotidianità di una città e non vive in collina o non passa direttamente dalla BMW al pianerottolo di un palazzo settecentesco se ne frega della stampa, della tv e dei salotti. Guarda una nostra “ronda” e vede un gruppo di ragazzi e ragazze che, invece di sballarsi o anche solo farsi gli affari propri, sta al freddo in strada anche per chi sta a guardare dalla finestra. Vede che se qualcuno ci prova a riprendersi un quartiere allora forse si può fare. Vede che quella sera gli spacciatori non ci sono. Magari scende anche, non necessariamente a indossare anche lui una pettorina e un basco, ma anche solo a gustarsi un gelato su una panchina. Questa è una vittoria, altro che youtube, Vespa e i sondaggi. Questo è un risultato concreto. Una nostra ronda è riconquista fisica di un territorio che qualcuno, magari non povero e magari da un altro paese, ha deciso che gli deve appartenere tutta la notte per vendere morte. Una nostra ronda è guardare le strade della tua città e commuoverti a non riconoscerle. Una nostra ronda è vedere il tuo barista o barbiere o edicolante o la pensionata che abita sopra di te dirti che fai bene o addirittura vederli al tuo fianco Una nostra ronda è un ragazzo rumeno che viene da te e ti dice “non siamo tutti delinquenti, anzi. Stasera in strada vengo con voi”. E da quella sera è molto più italiano lui del torinesissimo cliente che ha regalato un po’ di ossigeno alla mala dello spaccio. Guardo il Palazzo di Chiamparino in piazza Vittorio o la villa in collina della Bresso e sento che una nostra ronda è socialità. Ascolto gli anatemi di Questura e Prefettura, di comunisti e sottane e sento che una nostra ronda è rivoluzione. |