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Schering-Plough: Notizie

Colesterolo-LDL: l'Europa è fuori linea (guida)

Un nuovo rapporto mostra che in Europa le linee guida sul trattamento dell’ipercolesterolemia variano in modo significativo. Serve più impegno per implementare le Linee guida della Joint Task Force sul C-LDL.

Helsinki (Finlandia) - Un nuovo rapporto del Policy Analysis Centre* sulle Linee guida per il controllo del colesterolemia, presentato oggi al meeting dell’European Atherosclerosis Society (EAS) in corso nella capitale finlandese, mostra che si deve fare di più, in Europa, per attuare le Linee guida della terza European Joint Task Force sul controllo del colesterolo LDL (C-LDL), il cosiddetto "colesterolo cattivo". L'aderenza alle Linee guida europee varia da paese a paese. I risultati evidenziano un’inadeguata gestione dei casi ad alto rischio, un limitato screening del C-LDL e un uso insufficiente delle terapie ipolipidemizzanti e dei nuovi farmaci, quali gli inibitori dell'assorbimento del colesterolo (1).

In preparazione alle Linee guida della quarta Joint Task Force europea per la prevenzione delle malattie cardiovascolari (CVD), annunciate per il prossimo settembre, il rapporto sulle Linee guida per il controllo della colesterolemia esamina le Linee guida di dieci paesi europei, allo scopo di stabilire il grado di aderenza alle linee guida della terza Joint Task Force europea, pubblicate nel 2003. Il report conclude che, in Europa, vi è un netto e significativo ritardo tra il recepimento delle prove derivanti dagli studi clinici in seno agli standard paneuropei concernenti la migliore pratica e l'applicazione di tali standard negli ambiti nazionali e locali (1).

«Quanto evidenziato dal rapporto è preoccupante, considerando l'urgente necessità di ridurre, in Europa, la grande incidenza delle CVD le quali, da sole, causano oltre quattro milioni di decessi l'anno e comportano un costo totale di circa 169 miliardi di euro (2)» afferma Tony Hockley, direttore del Policy Analysis Center, Londra, UK. «Considerando il costo totale delle CVD in Europa, il carico derivante dal loro insufficiente trattamento grava pesantemente sui bilanci degli ospedali, lasciando intuire i potenziali risparmi derivanti da un trattamento più efficace dei fattori di rischio CV, come l’eccesso di C-LDL. Quanto evidenziato dal nostro rapporto pone in evidenza la necessità della cooperazione, a livello delle organizzazioni statali e professionali, al fine di garantire che gli obiettivi riguardanti il C-LDL, fissati nelle linee guida dell’European Joint Task Force, siano applicati ai pazienti di tutta Europa».

Mancato raggiungimento degli obiettivi relativi al C-LDL nonostante linee guida sempre più incisive

Il rapporto evidenzia che gli obiettivi per il C-LDL, in alcuni paesi, si collocano oltre il 30 per cento sotto gli standard fissati dalle Linee guida europee e oltre l'80 per cento sotto il livello proposto dalle ultime linee guida del National Cholesterol Education Program-Adult Treatment Panel III (NCEP-ATPIII), nel caso dei pazienti ad alto rischio, come i diabetici o i coronaropatici. Le Linee guida europee del 2003 stabiliscono che “la concentrazione di C-LDL dev'essere inferiore a 3 mmol/L (115 mg/dL). Per i pazienti cardiopatici o diabetici, il trattamento deve prefiggersi di ridurre la concentrazione del C-LDL a valori inferiori a  2,5 mmol/L (100 mg/dL)”.

Nondimeno, il rapporto ha evidenziato che, nel trattamento di questi pazienti ad alto rischio, l'obiettivo di riduzione del C-LDL varia secondo i diversi paesi: da valori non superiori a 1,8 mmol/L (70 mg/dL), consigliati da un gruppo di esperti indipendente in Austria, fino ai valori non superiori a 3,3 mmol/L (130 mg/dL) raccomandati dalle linee guida italiane 1.

Indagini paneuropee effettuate su larga scala, come EUROASPIRE I e II e REALITY, mostrano che, in Europa, molti pazienti non raggiungono gli obiettivi riguardanti il C-LDL. L’indagine EUROASPIRE II ha mostrato che solamente il 51 per cento dei pazienti sottoposti a terapia ipolipidemizzante raggiungeva gli obiettivi di riduzione dei valori del C-LDL stabiliti dalle linee guida europee (3).

Il Policy Analysis Centre mette in evidenza che il divario tra il trattamento basato su prove di efficacia e l'effettiva realtà clinica europea potrà crescere ulteriormente, di fronte alle linee guida della quarta Joint Task Force annunciate per il prossimo settembre. «Si prevede che le linee guida europee saranno modificate, ampliandone la prospettiva e fissando obiettivi più incisivi di riduzione del C-LDL, in risposta alla crescente necessità che un maggior numero di pazienti raggiunga una congrua riduzione del colesterolo LDL, alleviando così il carico sempre maggiore che tale condizione comporta per l'Europa» aggiunge Hockley.

Necessità di linee guida che tengano conto dei nuovi trattamenti, allo scopo di permettere che i pazienti raggiungano gli obiettivi di riduzione del colesterolo LDL

Studi come REALITY hanno mostrato che almeno il 60 per cento dei pazienti trattati con statine non raggiunge un’adeguata riduzione del colesterolo (4). Il rapporto cita il fatto che già oggi alcuni paesi raccomandano l'uso di ezetimibe come farmaco di seconda scelta per consentire ai pazienti ad alto rischio di raggiungere gli obiettivi di riduzione del colesterolo LDL. I limiti più rigorosi, in tal senso, che saranno resi pubblici in Europa nel proseguimento dell'anno in corso, comporteranno l’adozione di linee guida, locali e nazionali, che tengano conto del ruolo dei più moderni trattamenti, quali ezetimibe, per aiutare i pazienti a raggiungere un’adeguata riduzione del colesterolo LDL.

Commentando i dati del rapporto, Michel Farnier (direttore della Point Medical Clinic a Digione, Francia) ha affermato: «È probabile che le Linee guida della quarta European Joint Task Force, che saranno rese pubbliche nel corso dell'anno, imporranno un’ulteriore riduzione dei limiti del C-LDL. Ciò non si può ottenere con la sola somministrazione di statine. Oltre all'intervento sui fattori alimentari e sullo stile di vita in genere, l'adozione di nuovi farmaci, come ezetimibe, permetterà ai singoli paesi di offrire ai pazienti ulteriori opportunità di conseguire una riduzione del C-LDL». Le statine, infatti, agiscono sul fegato inibendo la sintesi di colesterolo, mentre gli inibitori dell'assorbimento del colesterolo agiscono riducendo, nell'intestino, l'assorbimento nel sangue del colesterolo alimentare e biliare.

Necessità di porre come obiettivo una maggiore riduzione delle concentrazioni di C-LDL nei pazienti con diabete

Si prevede che in Europa la popolazione diabetica aumenterà da 23 milioni del 2000 a 30 milioni nel 2020 (5). Il diabete di tipo 2 si associa a un rischio da due a quattro volte maggiore di malattie cardiovascolari (6). Uno studio ha dimostrato che fino all'80 per cento degli adulti con diabete di tipo 2 muore per malattie cardiovascolari (7). Nondimeno, una terapia ipolipidemizzante può essere utile per i pazienti diabetici. In uno studio di intervento multifattoriale, svolto in pazienti con diabete di tipo 2 e microalbuminuria, utilizzando il modello per il calcolo del rischio dell’United Kingdom Prospective Diabetes Study (UKPDS), è stata quantificata una riduzione del 70 per cento del rischio calcolato di eventi cardiovascolari a seguito di terapia ipolipidemizzante (8,9).

Il rapporto evidenzia che tutte le linee guida dei paesi in esame comprendono il diabete tra i fattori di rischio. L'obiettivo più rigoroso, riguardo il C-LDL, è formulato in Austria [<1,8 mmol/L (<70 mg/dL), la stessa concentrazione prevista dalle linee guida NCEP-ATPIII]. La maggior parte degli altri paesi si prefigge obiettivi simili a quelli contenuti nelle attuali Linee guida europee [circa 2,6 mmol/L (100 mg/dL)]. Gli obiettivi meno rigorosi sono stati rilevati nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (NHS) britannico, che applica il medesimo obiettivo [≤3 mmol/L (115 mg/dL)] a tutti i pazienti, indipendentemente dal fatto che siano diabetici o che siano esposti ad altri fattori di rischio. Il rapporto, inoltre, mostra che, in Gran Bretagna e in Norvegia, ai pazienti ad alto rischio si applicano gli stessi obiettivi di riduzione di C-LDL dei pazienti che non presentano alcun fattore di rischio [valore limite pari a 3 mmol/L (115 mg/dL)] 1.
    
Carenza nelle indagini diagnostiche per determinare le concentrazioni di C-LDL

Lo studio mostra che, dei dieci paesi sottoposti a esame**, la misura delle concentrazioni plasmatiche di C-LDL in tutti gli adulti viene compiuta, di routine, solamente in tre paesi: Austria, Germania e Slovenia. È stato rilevato, inoltre, che in Francia è previsto che ciascun adulto sia sottoposto allo specifico test ogni cinque anni, ma senza alcun controllo sul fatto che ciò effettivamente avvenga. Inoltre, perfino nei paesi che offrono un certo livello di indagini sulla colesterolemia, gli intervalli fra i test si riducono, a mano a mano che i pazienti invecchiano o manifestano malattie cardiovascolari, nei quali casi la colesterolemia diventa, invece, più importante per valutare il rischio di eventi cardiovascolari (1).

Una specifica anomalia, identificata nel rapporto, consiste nel fatto che la convenzione dei medici generici, nel Regno Unito, prevede la possibilità di compensi per oltre 1.400 sterline (2.000 euro) in seguito a indagini sulla colesterolemia in pazienti con CVD o diabete conclamato, mentre non offre alcunché per le indagini cui vengono sottoposti gli individui che non mostrano alcun innalzamento delle concentrazioni di C-LDL, indipendentemente dal loro profilo di rischio (1).

* Il Policy Analysis Centre è un centro di ricerca e di consulenza indipendente sulle strategie di interesse pubblico, con sede a Westminster. Il rapporto del Policy Analysis Centre è stato reso possibile grazie al finanziamento congiunto di Merck Sharp & Dohme e Schering-Plough. Le conclusioni del rapporto e i punti di vista ivi espressi sono indipendenti dagli sponsor.


** Paesi analizzati e inclusi nel rapporto: Austria, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Svezia

Bibliografia

  1. Hockley T, et al. A Policy Analysis Centre Study on Cholesterol Guidelines. European Cholesterol Guidelines Report, June 2007
  2. European Cardiovascular Disease Statistics 2005. British Heart Foundation & European Heart Network
  3. Lifestyle and risk factor management and the use of drug therapies in coronary patients from 15 countries.  Principle results from EUROASPIRE II.  European Heart Journal 2001; 22: 554-72.  Quoted in: Hockley T et al. Cholesterol: The public policy implications of not doing enough.  Stockholm Network, London, 2006, page 12
  4. Van Ganse E, et al. Lipid-modifying therapy and attainment of cholesterol goals in Europe: the Return on Expenditure Achieved for Lipid Therapy (REALITY) study. Current Medical Research Opinion 2005; 21: 1389-99
  5. Pollard, S, et al. A Stockholm Network Study on Cholesterol. Cholesterol: The Public Policy Implications of Not Doing Enough. November 2005
  6. American Diabetes Association. Dyslipidemia management in adults with diabetes. Diabetes Care 2004; 27(S1): S68-S71
  7. Laakso M, Lehto S. Diabetes Rev 1997; 5: 294-315
  8. Gaede, P, Pedersen O. Intensive, Integrated Therapy of Type 2 Diabetes Implications for Long-Term Prognosis, Diabetes 2004; 53(S3): S39-S47
  9. Stevens RJ, et al. The UKPDS Risk Engine: A Model for the Risk of Coronary Heart Disease in Type 2 Diabetes (UKPDS 56). Clinical Science 2001; 101: 671-9