Corrado Mornese

GHERARDINO SEGALELLO POETA DELLA "SIMPLICITAS"

La scelta di Gherardino Segalello

Gherardino Segalello, forse da Segalara presso Ozzano Taro, fu l'iniziatore, intorno al 1260, degli Apostolici, uno dei più importanti ed interessanti movimenti "ereticali" dell'intero medioevo, non solo italiano.

Salimbene de Adam, la principale fonte al riguardo, nella sua "Cronaca" definisce gli Apostolici con tutta una serie di epiteti ingiuriosi, come porcari, idioti, illetterati, stolti, figli di Satana e usa come spregiativo anche la parola "laici". In fondo, questa parola usata come insulto è un po' la chiave per comprendere tutta la vicenda che si svilupperà successivamente. In realtà Salimbene, che è un francescano conventuale, oltre a soffrire la "concorrenza" che gli Apostolici sviluppano oggettivamente nei confronti dei francescani, ritiene davvero inconcepibile che dei semplici laici possano parlare di dio.

Gherardino chiede di potere essere accolto nel convento dei frati minori di Parma, ma ne viene respinto. In fondo, tutto nasce da questa scelta di netta chiusura dei francescani, ormai avviati su una strada ben diversa da quella indicata da Francesco d'Assisi. Così Gherardino vende i suoi averi, con sommo disprezzo verso il denaro ricavato lo getta agli astanti sulla piazza di Parma, e inizia una vita peregrinante ispirata alla povertà, fatta di assistenza ai malati e ai bisognosi, votata alla preghiera e alle elemosine che lui ed i suoi fedeli riceveranno da chi vorrà darle.

Si chiamano "Apostolici" perché vogliono imitare in tutto i primi apostoli di Cristo. 

La "popolarità" degli apostolici

Il movimento apostolico all'inizio non è giudicato eretico, lo sarà solo dopo circa 30 anni dalla scelta iniziale di Segalello. Diventerà sotto la guida di Dolcino (dopo il rogo del fondatore, nel 1300) un nemico giudicato pericolosissimo dalla Chiesa di Roma, e così gli apostolici verranno perseguitati dall'Inquisizione, massacrati e messi al rogo ovunque, prima e dopo il famoso triennio 1305-1307 delle resistenza armata in Valsesia e nel Biellese.

Ma il ricordo degli Apostolici resterà vivo nei secoli fino ad oggi, e il momento più alto della "popolarità" storica di questi eretici si avrà nel 1907, con l'innalzamento sul Monte Massaro (nei luoghi dell'ultima, disperata resistenza contro i "crociati" mobilitati e organizzati per distruggerli) di un obelisco alto 12 metri, e la partecipazione di 10.000 persone a questa manifestazione.

L'obelisco verrà abbattuto a cannonate nel 1927, in pieno fascismo. 

Il vero "delitto" imperdonabile

L'anno del rogo di Gherardino Segalello, il 1300, fu anche l'anno del primo Giubileo cattolico, ma per Gherardino non vi fu nessun perdono, benché fosse un uomo buono, pacifico e pacifista.

Al di là di tutto l'armamentario delle accuse inquisitoriali che in casi come questo veniva elaborato, il vero delitto che non poteva essere perdonato a Segalello fu l'aver annunciato la possibilità di un incontro diretto tra l'uomo e dio. Questa tesi infatti, benché in Gherardino non risulti alcuna critica esplicita alla Chiesa di Roma, presuppone implicitamente la superfluità di una struttura di mediazione tra uomo e dio, l'inutilità di una organizzazione che amministra dio avocandolo a sé, in pratica "requisendo" il concetto stesso di divinità.

La possibilità del rapporto diretto tra gli uomini e dio è il senso vero della famosa frase di Segalello "poenitentiagite, quia appropinquabit Regnum Coelorum", che significa in realtà "costruite, o costruiamo, un modello di società ispirato alla rinuncia, alla povertà, per poter incontrare dio che ci viene incontro".

Concetti fondamentali della scelta apostolica

Così, i concetti salienti della predicazione Segalelloana sono l'imitazione di Cristo (il grande tema della "sequela"), il rifiuto di ogni pur minima accumulazione, la comunione dei beni, il rifiuto di qualsiasi gerarchia nella comunità apostolica, l'eguaglianza tra uomini e donne, un approccio al mondo ispirato all'innocenza dei fanciulli, la libertà ("dove è lo Spirito del Signore ivi è la libertà" aveva scritto Gioacchino da Fiore).

E dunque vivere il Vangelo in modo integrale, e una chiesa che cammina nel mondo e incontra dio nel mondo, nell'al di qua e non nell'al di là.

E infine, un dio democratico, che si concede a tutti coloro che vivono in povertà senza bisogno di mediazioni interpretative (e dunque il Vangelo parla a ciascuno "sine glossa").

Così, lungi dall'essere un annuncio pessimistico o terrifico, il "poenitentiagite" Segalelloano assume il valore di un annuncio gioioso, di speranza per tutti. 

Il modello di Chiesa delle origini

Come per altri movimenti giudicati ereticali, valdesi, catari, patarini ecc., il riferimento, il modello degli apostolici è la Chiesa di Cristo e dei primi apostoli, non solo conclamato ma coerentemente messo in pratica.

Dunque un diverso stile di vita, un diverso modello di società, una scelta etico-esistenziale autonoma. E' così che gli apostolici si guadagnano una crescente credibilità popolare, un seguito di massa. E si chiamano "apostolici", "poveri di Cristo", e "minimi" proprio per segnare la loro collocazione al livello più basso della scala sociale, anche più basso rispetto ai "minori" (cioè ai francescani conventuali). Le chiese si svuotano e la gente accorre ad ascoltare gli apostolici, e Salimbene annota con stupore questo fenomeno per lui inspiegabile.

Un diverso stile di vita

Lo stile di vita integralmente povero enunciato nel "poenitentiagite" Segalelloano si esprime anche nel rito della "expoliatio" o "expropriatio" per i nuovi fedeli apostolici, che vengono riuniti in cerchio e devono gettare i propri abiti, i quali verranno poi redistribuiti a caso, in attesa che ciascuno possa avere un saio fatto di rozza tela di sacco, ed uno solo. Anche il "surplus" delle elemosine ricevute deve essere lasciato sul posto o restituito, nemmeno un tozzo di pane in più del necessario può essere accettato.

Ovviamente, la conseguenza di un pauperismo così integrale non può che essere la dimensione itinerante e comunitaria, e la comunità apostolica nel suo insieme non può godere di nessuna sede fissa, nessuna casa o convento.

Si invera in tal modo un'apertura completa al mondo dei laici: tutti possono annunciare dio senza bisogno di prendere voti: è il sacerdozio universale.

Analogia sostanziale tra Francesco d'Assisi e Gherardino Segalello

Di conseguenza, si può dire che non vi è nessuna differenza sostanziale di contenuti tra Segalello e Francesco d'Assisi, vissuto una quarantina d'anni prima di lui. Segalello è un secondo Francesco, almeno se ci si riferisce al Francesco della storia, al Francesco autentico, non a quello consegnatoci dalla tradizione successiva.

Il "posizionamento strategico" nel mondo umile e povero, il rovesciamento dei valori rispetto alla società vigente, con il conferimento del valore "zero" ai beni che nel mondo invece vengono visti come pregiati, sono tratti profondamente comuni sia a Francesco che a Gherardino. Ma anche la dimensione giullaresca, l'uso del volgare per essere capiti dal popolo minuto, l'impiego di paradossi per annunciare il paradosso del Vangelo sono comuni al Francesco autentico e al Segalello.

Gherardino applica una geniale tecnica comunicativa, e il popolo coglie il suo messaggio.

Poeta della "simplicitas"

Anche Gherardino è poeta della "simplicitas": la vita semplice è meglio, anzi è l'unica possibile per incontrare dio. Non avere è meglio che avere, e non avere nulla è il vero modo per essere liberi dai condizionamenti materiali e poter predisporre la propria coscienza all'incontro con dio.

Per questo la nuova chiesa-società degli apostolici non ha templi né monumenti, ma solo il cielo stellato sopra il suo capo e la legge morale in fondo al suo cuore.

Inoltre, al suo interno non vi è alcuna distinzione di ruoli, ma parità tra tutti i fedeli, tanto che Segalello non volle mai essere riconosciuto come leader, nonostante i suoi lo acclamassero "pater, pater.".

Cantore della libertà

Ma Segalello fu anche cantore della libertà. L'unico obbligo per gli apostolici è di tipo interiore, mai esteriore; le donne sono uguali agli uomini; la salvezza è un traguardo collettivo immanente.

Quindi, in senso proprio, Gherardino può essere definito anarchico (gli apostolici non riconoscono alcuna autorità), secessionista (nel senso nobile della parola, ovvero un uomo che adotta uno stile di vita diverso, un modello di riferimento diverso), un eterodosso. Verrà giudicato eretico dalla Chiesa di Roma solo dopo circa 30 anni dall'inizio della sua predicazione. Il movimento apostolico diventerà effettivamente eretico solo con Dolcino e con i forti elementi di innovazione che questi apporterà accanto agli elementi del pensiero Segalelloano, come la profezia storica dell'abbattimento ineluttabile della Chiesa di Roma che ha tradito l'insegnamento di Cristo.

La Chiesa di Roma contro gioachimiti e spirituali

La condanna degli apostolici fa parte della più vasta azione della Chiesa di Roma contro il diffondersi delle idee gioachimite e contro le posizioni francescane rigoriste o "spirituali". Ricordiamo solo, in tale contesto, la condanna di Gherardo di Borgo San Donnino e la rimozione di Giovanni da Parma dal generalato francescano. Con la nomina di Bonaventura da Bagnoregio a generale dell'ordine francescano, al posto di Giovanni da Parma, da un lato le posizioni zelanti vengono emarginate e perseguite all'interno dell'ordine, dall'altro la figura di Francesco d'Assisi subisce un vero e proprio travisamento, oggi diremmo subisce un'interpretazione "revisionista", viene edulcorata e via via privata dei suoi contenuti più drammaticamente innovatori.

Per ordine di Bonaventura, tutte le biografie e le notizie sulla vita di Francesco sono requisite e distrutte (si salverà solo qualche copia della "Vita Prima" di Tommaso da Celano, e qualche fonte iconografica, come la Tavola Bardi di Santa Croce a Firenze), e Bonaventura decide che l'unica "vita" di Francesco che d'ora in poi avrebbe dovuto esistere sarà soltanto quella scritta da lui stesso. Si trattò di una delle più grandi distruzioni di manoscritti medievali della storia, come rileva anche l'insigne studiosa Chiara Frugoni (Cfr. C. Frugoni, Francesco, un'altra storia, ed. Marietti, Genova 1988).

E' questo mutamento di politica della Chiesa di Roma che spiega, in fondo, come Francesco d'Assisi fu fatto santo e Gherardino Segalello fu mandato al rogo, benché tra i due vi fosse sostanziale identità di impianto teorico-pratico. La colpa di Gherardino fu quella di essere giunto qualche decennio dopo Francesco. "Seguire nudi il Cristo nudo" è stato infatti il messaggio di entrambi. 

Modernità di Segalello

In estrema sintesi, possiamo dire che l'attualità di Gherardino può essere individuata in quattro fondamentali connessioni.

In primo luogo, il suo "poenitentiagite" trova impressionanti analogie con le prime quattro delle 95 tesi di Wittemberg (1517), ovvero il "manifesto" della Riforma luterana (ben duecento anni dopo Gherardino!). E' un concetto di rinuncia e privazione esistenziale anche quello qui espresso da Lutero, su cui il grande riformatore costruisce poi tutto il filo della sua nuova visione.

In secondo luogo, notevolissime analogie con il pensiero di Segalello le ritroviamo in alcune elaborazioni della moderna teologia della liberazione, e in particolare in alcuni scritti di padre Leonardo Boff del 1992, a proposito del potere dei laici nella chiesa, del ruolo delle donne, dello spirito di democrazia e del modello stesso dell'originaria utopia fraterna della chiesa di Cristo e dei primi apostoli.

In terzo luogo, nelle grandi motivazioni della Rivoluzione Francese, "liberté, egalité, fraternité", troviamo l'ispirazione originaria dell'uomo di Ozzano Taro.

E infine, per alcuni ovvi aspetti egli può essere considerato un precursore del socialismo utopistico ottocentesco.

Elementi di riflessione anche per le coscienze cattoliche

Certo, la riflessione su Segalello può essere utile oggi anche per un cattolico convinto. "Oportet et hereses esse", afferma Paolo di Tarso. Bisogna, è necessario che vi siano anche eresie, e questo per poter sviluppare le proprie opinioni nel confronto con posizioni diverse.

Da sottolineare, quindi, anche il concetto originario della parola "hàiresis", "eresia", che significa "la scelta". Dunque l'eretico è colui che sceglie, che compie un atto di autonomia intellettuale e non si accontenta di seguire le maggioranze più o meno silenziose.

Forse per questo Agostino d'Ippona affermò: "Solo i grandi uomini sono capaci di eresia".

Mi sembrano, questi, due inviti autorevolissimi, nell'ambito della grande cultura cattolica, al rispetto per le idee differenti, al diritto di esistere per le minoranze, allo spirito di tolleranza e all'etica del confronto. 

Due princìpi fondamentali per la modernità

Ma, più in generale, nell'eresia apostolica (come in altri contesti ereticali) sono riconoscibili alcune fondamentali direttrici di sviluppo dalla società feudale alla moderna società democratica. Vorrei segnalare soltanto: in primo luogo, il concetto di chiesa unicamente spirituale, sganciata dalla dimensione temporale, è alla base del moderno concetto di separazione tra stato e chiesa; in secondo luogo, il concetto di "comunità" apostolica prefigura il moderno diritto tra eguali, il diritto di cittadinanza, ben diverso rispetto al diritto di dipendenza in vigore nella rigida piramide della società e della chiesa feudale.

Dunque, Gherardino Segalello, Dolcino e gli Apostolici furono troppo moderni per la loro epoca, e per questo furono sconfitti. 

Il modello di chiesa apostolica si fa strada

Ma le loro idee sopravvivranno lungo importanti filoni di pensiero, nel medioevo e ben oltre. In particolare il grande ideale, il modello di riferimento della chiesa delle origini, della chiesa di Cristo e dei primi apostoli, si incontra - oltre ovviamente che nei movimenti ereticali - in Jacopone da Todi, in Dante Alighieri, in Marsilio da Padova, per citare solo alcuni giganti del pensiero medievale, e nel Rinascimento addirittura nella Città del Sole (1623) di Tommaso Campanella troviamo ampi e ripetuti riferimenti ad esso.

Nell'anno del Signore 1600 in Campo dei Fiori a Roma è posto al rogo Giordano Bruno, per aver annunciato la possibilità dell'incontro diretto tra uomo e dio attraverso un nuovo modello di natura. Trecento anni prima di lui, a Parma era stato posto al rogo Gherardino Segalello, per aver annunciato la possibilità dell'incontro diretto tra uomo e dio attraverso un nuovo modello di società cristiana. Anche per questa così lontana connessione Gherardino Segalello deve essere ricordato, e in fondo "riabilitato", come vanno riabilitati tutti coloro che furono ingiustamente condannati. Perché, per usare una frase che forse sarebbe piaciuta a Gioacchino da Fiore, anche Geherardino Segalello fu un uomo "degno della nuova età dello Spirito".